Più ancora del risotto allo zafferano, che è il logico e più appropriato complemento all'Ossobuco alla Milanese, e molto più della luganega, gustosissima salsiccia che però anche nel nome denuncia le sue origini meridionali, questo delizioso e inimitabile piatto regna sovrano nel panorama della gastronomia meneghina. Non è altro che una fetta di carne con l'osso, alta fra i 3 e i 4 centimetri, ricavata dal garretto o gerett posteriore di un vitello da latte. Il nome deriva dal fatto che la sua caratteristica principale è di avere un buco al centro dell'osso. In quel buco risiede il midollo, cremoso e untuoso quanto basta a conferire al tutto sapori inimitabili. Cotto lentamente, per evitare che perda anche la più piccola quantità di tali caratteristiche, e con l'aggiunta di piccole quantità di liquidi, l'ossobuco, a fine cottura, richiede ancora un'aggiunta di aromi particolari che solo la cosiddetta gremolada può dargli. Per chi non lo sapesse, la gremolada è un trito a base di prezzemolo, aglio e limone che qualcuno arricchisce anche col profumo di acciughe salate. In aggiunta al risotto allo zafferano o alla purea di patate o alla polenta o agli spinaci al burro, l'Ossobuco alla Milanese costituisce un piatto davvero gustoso e inimitabile.
Ma come e dove nasce una squisitezza di questo genere? Risposta difficile se non impossibile. Qualcuno fa risalire le sue origini al Medioevo, dato che l'uso degli stinchi e degli ossi con midollo si ritiene fosse comune già nel XII secolo. E tra i primi a parlarne furono il cuoco letterato Giuseppe Sorbiatti (1827-1888), al servizio di ricche famiglie meneghine, e nientemeno che Pellegrino Artusi (1820-1911) nel suo celeberrimo libro La Scienza in Cucina e l’Arte del mangiare bene.
Ma l'Oss Büs ha origini molto più lontane nel tempo. E non è una preparazione di qualche grande chef arrivato da chissà dove. Se la caratteristica principale di questo cibo è il midollo con i suoi inconfondibili sapori, è bene che sappiate che in qualche remota zona del nostro pianeta, centinaia e centinaia di migliaia di anni fa, fu proprio il midollo ad attirare la golosità ed a lenire la fame del nostro remoto antenato, l'Homo Sapiens.
Ho letto di recente il best seller Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell'umanità di Yuval Noah Harari, storico, saggista e professore universitario israeliano, che insegna all'Università Ebraica di Gerusalemme. Il libro, che è stato tradotto in più di trenta lingue e di cui sono state vendute più di 5 milioni di copie in tutto il mondo, parla delle nostre origini e di come l'umanità si sia evoluta nel tempo.
Pensate che l'uomo, pur disponendo di un grande cervello e di una superiore capacità di apprendimento rispetto agli altri esseri che popolavano il nostro pianeta, per due milioni di anni (due milioni!) è rimasto una creatura debole e marginale. Sempre alla ricerca di cibo per assicurarsi la sopravvivenza, il nostro antenato rischiava in ogni momento di diventare egli stesso cibo per altri esseri con i quali non poteva competere, essendo quelli dotati di fauci ed artigli potentissimi. Quel piccolo uomo doveva accontentarsi di nutrirsi di erbe, di qualche frutto, di piccolissima selvaggina, visto che non aveva i mezzi per aggredire e sopraffare i grandi animali. Assisteva a volte a straordinari banchetti che branchi di leoni o tigri affamati consumavano ai danni di animali inermi, come cervi, daini, giraffe. E lui, l'homo sapiens, non si azzardava neppure a tentare di partecipare a quelle selvagge spartizioni di cibo. Forse qualche volta tentò di approfittare dei resti che le belve feroci ormai sazie avevano lasciato sul terreno, ma ecco che una nuova minaccia, costituita da sciacalli, iene e avvoltoi, tutti a caccia di carogne da spolpare, lo misero in fuga. Non potendo fare altro che aspettare per non rischiare la vita, il nostro antenato, si ritrovò spesso a frugare tra ciò che gli altri non avevano potuto mangiare: le ossa. Forse fu allora che, avendo tra le mani soltanto una grossa pietra appuntita, per rabbia scaricò la sua furia contro ciò che era rimasto del banchetto, le ossa. E lì avvenne la scoperta che cambiò tutto nella sua esistenza di uomo primitivo. Da un grosso osso spezzato a colpi di pietra vide uscire una sostanza molle e untuosa. Decise di assaggiarla e fece bene, perché scoprì qualcosa di inaspettato e sorprendente: era facile da mangiare e, soprattutto, era gradevole al gusto. Aveva scoperto il midollo!
Non ci crederete, ma quella di spaccare ossa di cadaveri di animali per estrarne midollo fu per moltissimo tempo la principale risorsa dell'uomo per procurarsi cibo e sopravvivenza. Non è una teoria fantastica: è provata da ritrovamenti archeologici di grande interesse scientifico. Come certi uccelli per nutrirsi scavavano col becco nei tronchi d'albero a caccia di insetti, così l'homo sapiens di centinaia di migliaia di anni fa spaccava ossa di animali per ricavarne midollo. E fu quello il primo passo compiuto dall'uomo per scalare rapidamente la piramide alimentare e per diventarne l'assoluto dominatore.
E l'Oss Büs alla milanese? Come è nato, chi lo ha preparato per la prima volta? Purtroppo non è dato saperlo con certezza, ma sicuramente dev'essere stato creato da qualcuno che aveva fame, ma non si accontentava di cibi comuni e di sapori semplici. Solo così può aver dato vita a un capolavoro della nostra gastronomia.