Allora mi assumo io l'incombenza di rivendicare l'origine italiana del gusto in tavola. La partita si gioca tutta nel Rinascimento dalla metà del '400 in poi. Rinascimento uguale Italia, almeno su questo non credo ci siano dubbi. Bene, è proprio in quel secolo che la cucina incrocia l'esigenza di alimentarsi con la ricerca di soddisfare anche il palato. È a metà del '500 che avviene la “contaminazione” quando Caterina de' Medici, la nipote di Lorenzo il Magnifico, da Firenze va a Parigi per sposare il futuro re di Francia Enrico II. Più elegante che bella, nel “bagaglio” Caterina si porta il lusso con sarti, gioiellieri, profumieri e cuochi italiani che alla corte toscana avevano già fatto della cucina un'arte. Con Caterina, sulla Senna si scoprono il gelato e la forchetta. Il primo grande cuoco francese debutterà soltanto un secolo dopo: François Vatel, di origine svizzera, ingaggiato alla corte di Versailles dal principe di Condé. Nelle sfarzose feste di Caterina, regina di Francia, la cena si conclude con una frittella piena di crema che a Parigi diventa bignè. Eccoci arrivati al dunque. La pasticceria francese, prestigiosa, deve un tributo al duo Penterelli/Popelini pasticcieri medicei trapiantati alla corte dei Valois. Da allora un profluvio di parole francesi per esprimere le innumerevoli varianti della frittella ripiena di crema. La pasta della frittella diventa choux solo perché una volta cotta somiglia ai cavoletti di Bruxelles. Éclair quando il bignè si allunga ricoperto di luccicante glassa. All'interno crema alla nocciola, alla vaniglia, al caffè, alla panna, al pistacchio, al rum, al cioccolato e alla frutta. E su tutti il trionfo del croquenbouche una montagna di bignè ripieni di crema diplomatica, tenuti tra di loro da una tela di fili di caramello, che può arrivare ad un metro d'altezza. Il croquenbouche è una variante del dolce che stupì la corte francese di Caterina de' Medici: il profiterole, la montagna di bignè ripieni di panna sotto una colata di cioccolato. E la ricetta porta ancora una volta la firma di uno dei due cuochi di Caterina: Popelini, ormai chef.”
Quando nei miei articoli parlo di qualche gloria della cucina francese, io che sono convintamente ed entusiasticamente italiano, mi sento subito sventolare sotto il naso il nome di Caterina de' Medici. È lei che ha fatto questo in Francia, è lei che ha introdotto quest'altro a Parigi, è lei che ha modificato quella norma, ha inventato quel piatto, eccetera, eccetera. Caterina de’ Medici è una connazionale di cui dobbiamo tutti essere fieri, d'accordo. Ha ben rappresentato l'Italia, o forse dovremmo dire la Toscana o Firenze. Meglio ancora, la Firenze dei Medici. Perché, almeno a quell'epoca, erano realtà ben distinte l'una dall'altra. E poi, se è vero che Caterina è stata la madre di ben tre re di Francia ai quali, come tutte le mamme, avrà trasmesso virtù, conoscenze e stili di vita propri, occorre forse ricordare che anche lei, Caterina, ebbe una madre. E sapete chi era la mamma di Caterina de' Medici? Una gentildonna francese: Madeleine de la Tour d'Auvergne, figlia del conte Jean de Boulogne. Una stirpe di francesi.
Insomma, tra noi e loro, i transalpini, esistono tali commistioni ed intrecci che è difficile se non impossibile districarli. E questo vale per tutto, anche per la cucina, un campo nel quale i luoghi comuni e gli equivoci che ne derivano sono infiniti. Prendiamo il gelato, per esempio. Che c'entra Caterina de' Medici con il gelato a Parigi? Caterina morì a Blois nel 1589, mentre il gelato fu introdotto in Francia poco meno di un secolo dopo da un siciliano di Acitrezza, Francesco Procopio Cutò, detto de' Coltelli (1651-1727), italiano anche lui, certo, ma niente a che vedere con Caterina de' Medici.
Alla fine, caro Daniele, tu ed io abbiamo la fortuna di essere italiani, ma anche quella di aver vissuto in Francia, di avere lavorato fianco a fianco con i francesi, di avere conosciuto i loro usi e costumi e di avere apprezzato non solo la loro cucina, ma anche il fatto che più o meno tutti si sforzano di copiare il nostro modo di mangiare, i nostri piatti più famosi, dalla pasta alla pizza, dalla mozzarella al parmigiano. E non mi risulta che noi in Italia facciamo la stessa cosa con tutto ciò che è francese. Se quella del cibo e del mangiare fosse una guerra tra noi e i francesi, noi l'avremmo già vinta mille e mille volte.
Ma per fortuna non è una guerra e non ci sono vincitori né vinti. Gaudeamus igitur! Un abbraccio!
Foto interne:
1. Daniele Renzoni ritratto da Emanuela Rimini (acquarello);
2. Caterina de' Medici;
3. Foto da internet;
4. Foto éclair di Laduree;