Se pensate che si tratti di un pescatore, oppure del proprietario di una pescheria o del cuoco di una trattoria in riva al mare, siete fuori strada. Lui è soltanto un uomo di cultura, uno che ha girato il mondo, una personalità nell'universo della comunicazione, uno che parla le lingue, che frequenta la crema del mondo intellettuale e politico del nostro Paese e non solo. E gli piacciono i frutti di mare. Segnatamente, nell'ordine, le cozze nere di Taranto e i cannolicchi.
Confesso di condividere appieno tali gusti. Qui, tanto per intenderci, non siamo al livello del foie gras o del tartufo bianco di Alba. Il livello è nettamente superiore, tanto più che, sia per le cozze che per i cannolicchi, parliamo di sapori naturali, senza manipolazioni, dato che sia le prime che i secondi vanno gustati crudi, come mamma natura li ha fatti. So bene che qualcuno obietterà e non sarà d'accordo, ma io non cambio opinione.
E torniamo ai cannolicchi. Chiamati anche cappelonghe o cappelunghe, il loro nome scientifico è solen marginatus. Sono molluschi bivalvi della famiglia solenidae e vivono infossati nella sabbia, dove scavano gallerie profonde anche un metro. In Francia li chiamano couteaux, coltelli, per via delle loro due valve, lunghe e affilate come fossero state fabbricate a Laguiole, la patria dei coltelli più celebrati e ambiti dai nostri cugini d'Oltralpe.
La lunghezza del cannolicchio varia dagli 8/10 fino ai 17 centimetri da un'estremità all'altra, cioè dalla testa al piede, quest'ultimo sempre in basso, mentre la testa che fa da sifone per il ricambio dell'acqua è sempre in alto. Pescarlo non è difficile. Quando passeggiate in riva al mare, se sulla sabbia notate dei piccoli rilievi al centro dei quali compaiono dei forellini, potete essere certi che lì sotto ci sono i cannolicchi. Per pescarli basta mettere un po' d'acqua marina o un pizzico di sale sui fori. Il cannolicchio pensa che lì sia arrivato il mare e subito mette fuori la testa. Afferrarlo con due dita e tirarlo fuori dalla sabbia è un gioco da ragazzini.
Naturalmente esistono altri metodi di pesca di questo mollusco. Le esigenze del mercato ittico hanno affinato le tecniche, i modi e i tempi della pesca.
In ogni caso, per essere pronto a trasformarsi in cibo, il cannolicchio dev'essere aperto come un libro, e una delle due valve, usata come un coltello (ah, i francesi!), deve scalzare il mollusco dalla valva opposta e privarlo della sacca nera che generalmente contiene sabbia. Ciò che rimane, sciacquato in acqua di mare, va assaporato con religiosità. La sua consistenza callosa, il suo delicato e intenso sapore, la pastosità delle sue carni sono un vero regalo della natura.
E se non siete tra gli eletti che amano il crudo, non potete farci niente: così è e così sia. Amen! Dovrete accontentarvi di gustare il cannolicchio cotto e Dio solo sa in quanti modi si può cucinare. Gratinato, lesso, alla griglia, in insalata, sulla pasta con vongole e cozze, ce n'è per tutti i gusti.
Se poi non siete come l'amico che mi ha chiesto di scrivere questo pezzo, né siete come me e se non vi importa assolutamente nulla dei cannolicchi e degli altri frutti di mare, crudi o cotti, mi dispiace per voi. Nessuno è perfetto.